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Donnino
Rumi nacque nel 1906 a Bergamo ed è in questa città che
si è dipanata tutta la sua storia di uomo e di artista.
Bisogna andare alla fonderia che possedeva il padre per trovare Donnino
Rumi, appena dodicenne, garzone di bottega, lavoratore infaticabile,
pieno di curiosità e già profondamente attratto da ogni
forma di espressione artistica.
Frequenta la bottega di un amico di famiglia, intagliatore, tale Ghislandi,
il quale sarà il primo a notare le doti del ragazzo e lo spronerà,
poco più in là, ad affrontare gli studi presso l'Accademia
Carrara di Bergamo.
Ma Rumi possiede un carattere particolare; timido ed irrequieto, spesso
insofferente, ha molto talento, ma non ama la disciplina scolastica:
sicchè non ultimerà gli studi, preferendo iniziare, solitario,
il cammino dell'arte.
Risalgono agli anni '20 le sue prime opere già degne di attenzione.
Non ancora ventenne, si trova a doversi occupare in prima persona della
fonderia; per dipingere e scolpire (è anche scultore) non resta
perciò che il tempo libero, sempre più ridotto a causa
dell'intensa attività industriale.
Dai dieci operai della fonderia paterna, infatti, intorno agli anni '40,
i dipendenti sono diventati un migliaio. Si sposa
nel '32, e dal matrimonio nascono tre figli.
Durante il conflitto mondiale, le truppe tedesche installano nello stabilimento
un loro commissario. Rumi si dà latitante, lotta come partigiano,
viene rinchiuso nella prigione S. Agata di Bergamo. Non abbandona mai,
tuttavia, anche in quei drammatici momenti, la sua arte, ed esegue -
dove e come può - diverse opere.
Dopo la guerra, deve rimboccarsi le maniche poichè all'interno
dell'azienda - pressoché demolita - occorre ristrutturare interamente
la produzione. Dalle eliche ed i periscopi dell'anteguerra si passa ora
a fabbricare macchine per paste e dolciumi, macchine cinematografiche
ma, soprattutto, motociclette e macchine tessili. Per una quindicina
d'anni il lavoro dell'industria riassorbe completamente Rumi, consentendogli
sempre più raramente di dedicarsi all'arte, il suo vero interesse.
Sono anni in cui, spesso, è assalito da dubbi e crisi, ma il Rumi
industriale sembra avere avuto la netta precedenza sul Rumi artista.
Solo verso il '62 avviene la liquidazione dell'azienda. Da quel periodo
può interamente dedicarsi all'attività artistica.
Il suo carattere schivo, l'estrema sincerità nelle reazioni, nei
commenti, fà sì che egli, spesso, sia incompreso nella
sua vera natura e una certa forma di riserbo venga confusa con superbia.
In realtà Rumi è critico verso se stesso fino all'inverosimile,
crea e distrugge le sue opere mai soddisfatto, rifiutando mostre e contatti
con la critica, rifiutando persino il dialogo con altri artisti (pur
nutrendo ammirazione per tanti di loro, che segue con interesse) e prosegue
la sua strada di solitario.
Lavora incessantemente, a qualsiasi ora del giorno e della notte, perchè la
sua attività non
conosce mai un attimo di sosta.
E
nella sua Bergamo che lo vide operoso e attivo si spense il 17 agosto
1980.
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